Prospettive EDILIZIA
DIRITTO ALLA CASA. NEL 2025 EMERGENZA ABITATIVA PER MILIONI DI FAMIGLIE NEL MONDO
 
Avere una casa è un diritto. Uno tra i diritti fondamentali stabilito anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. E nelle Costituzioni. Anche potersela permettere è un diritto. E, per gli Stati, è una responsabilità creare condizioni politiche, economiche ed ambientali affinché questo diritto venga garantito e soddisfatto. E invece ci sono segnali che si continua ad andare in un’altra direzione.
Urbanizzazione e lo studio del McKinsey Global Institute
Secondo uno studio pubblicato dal McKinsey Global Institute (Mgi), se l’urbanizzazione continuerà con questi ritmi e a colpi di deregulation, se l’emigrazione verso le città non sarà sostenuta da politiche sociali e la crescita economica continuerà ad essere fondata sulla disuguaglianza, nel 2025 440 milioni di famiglie nel mondo – almeno 1.6 miliardi di persone – vivranno in case affollate, inadeguate dal punto di vista sanitario e strutturale e non potranno neanche permettersi di pagarle. Al momento ci sono 330 milioni di famiglie in contesti urbani più o meno in queste condizioni. Il problema non riguarda certo solo i cosiddetti Paesi in via di sviluppo – si calcola che circa 200 milioni di famiglie al mondo vivano in baraccopoli – ma anche i Paesi ricchi. Infatti, più di 60 milioni di famiglie negli Stati Uniti, Europa, Giappone, sono in crisi e hanno difficoltà a pagare il costo degli alloggi. E se si continua così, dunque, tra poco più di un decennio 106 milioni di famiglie si aggiungeranno a quelle che già oggi non possono permettersi una casa vera o con standard soddisfacenti. Vorrebbe dire che una famiglia su tre non potrebbe permettersi e non vivrebbe in case decenti.
In termini economici vuol dire che il divario equivale a 650 miliardi di euro all’anno, ovvero l’1 per cento del Pil globale, mentre in alcune città dove il mercato delle case è ancor meno accessibile si calcola il 10 per cento del Pil.
La strada da percorrere
È stato calcolato che sostituire gli alloggi al di sotto degli standard e costruirne di nuovi entro il 2025, occorrerebbe un investimento che va dai 9.000 agli 11.000 miliardi di dollari. Una cifra spropositata anche se si mettessero insieme finanziamenti pubblici e privati. Ma la questione non può essere procrastinata se non si vuole andare incontro a vere e proprie crisi sociali. Con cui, in realtà, già si convive da tempo.
Lo studio condotto dall’Istituto con sede a New York, ha identificato quattro strade per affrontare il problema: sbloccare il diritto di locazione delle terre e abbassarne i costi, ridurre i costi di costruzione, incrementare le operazioni di manutenzione degli alloggi esistenti, ridurre i costi finanziari per gli acquirenti. Agire in queste quattro direzioni – dicono gli esperti – ridurrebbe i costi della fornitura di alloggi dal 20 al 50 per cento. Del resto realizzare strutture che acquirenti o affittuari possono permettersi di pagare rappresenta un’opportunità, al momento trascurata, per imprenditori, finanziatori, investitori. Costruire entro il 2025 alloggi per 106 milioni di famiglie, tra le meno agiate del mondo, che vivono nei contesti urbani, potrebbe significare un investimento da 200-250 miliardi all’anno e mettere in conto la crescita dei mutui. Si renderebbero necessari emissioni di mutui per circa 400 miliardi di dollari che equivarrebbe ad una crescita globale dei mutui di almeno il 7 per cento.
I mercati e le nuove opportunità
I più grandi mercati per nuove costruzioni per famiglie a reddito basso, sono stati individuati nei seguenti Paesi: Cina, Russia, India, Brasile e Nigeria. L’affitto della casa incide solitamente tra il 30 e il 40 per cento delle spese di una famiglia e spesso questa spesa non risponde a sistemazioni adeguate. Una casa decente oggi rappresenta per i Governi una sfida e per il settore privato un’opportunità. Leggi e investimenti dovrebbero incontrare le necessità reali di popolazioni urbane che crescono di anno in anno. Colmare il gap di quelle 440 milioni di famiglie entro il 2025 non può che essere un impegno globale. In gioco ci sono tensioni sociali, epidemie, crisi economiche…La casa in questo senso è dunque l’espressione della riuscita o del fallimento delle politiche dei Governi locali e delle istituzioni internazionali.
ANTONELLA SINOPOLI - 16 NOVEMBRE 2014 
 
 
 
 
 
 

 

La nautica perde il 12%, l’edilizia è agonizzante

L’Associazione Industriali presenta i dati economici dei primi nove mesi del 2014. In Versilia cresce il lapideo ma il Piano paesaggistico mette a rischio il futuro del settore di Alessandro Petrini
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Un gioiello della nautica viareggina realizzato da uno dei cantieri della Darsena

VIAREGGIO. La pesante svalutazione del rublo dà più di qualche preoccupazione alle aziende viareggine della nautica. Un settore principalmente legato alla domanda estera che ultimamente aveva trovato un mercato interessante proprio in Russia. «Sono i nostri migliori clienti – diceKatia Balducci di Overmarine spa e capo della sezione nautica degli Industriali di Lucca – e il rischio concreto è che questa forte svalutazione della moneta possa frenare i nuovi ordini. Del resto il nostro è un settore molto orientato verso il mercato estero e quindi siamo destinati a risentire di tutte le crisi internazionali».
Nautica. I dati viareggini parlano di un -7,1% della produzione e -11,8% del fatturato rispetto ai primi nove mesi del 2013 e la conferenza stampa di fine anno dell’associazione Industriali è anche l’occasione per fare il punto sull’intero settore che, secondo Balducci – in Italia è danneggiato anche dalle modalità dei controlli effettuati dalla Guardia di finanza e dall’Agenzia delle entrate con gli assalti fatte alle imbarcazioni appena uscite dai porti. «Siamo favorevoli ai controlli ma così si rischia di scoraggiare anche quegli imprenditori in regola che vogliono godersi la domenica con la famiglia e gli amici. La riprova è che i porti della Croazia, della Corsica e della Costa Azzurra sono pieni di imbarcazioni italiane». Ma anche la crisi politica viareggina non smette di creare problemi: «Con il commissariamento del Comune non riusciamo a risolvere i problemi che abbiamo con il porto e così i maggiori produttori sono costretti a migrare alla Spezia sia per le imbarcazioni in prova, sia per il refit, nonostante tutto questo i cantieri vogliono migliorare e con la nuova port authority è stata costituita la commissione consultiva che sta dando i primi frutti rimandando all’anno nuovo l’assegnazione delle concessioni demaniali che si basavano esclusivamente su criteri economici». Tra le novità anche l’organizzare dello Yare, dal 2 al 6 febbraio in contemporanea con Seatec a Carrara.
Lapideo. È sicuramente uno dei settori più in salute perché il confronto con i primi 9 mesi del 2013 parla di un aumento del 2,4% della produzione e del +2,9% del fatturato con molte aziende che stanno aumentando il proprio valore. Ciò che preoccupa però è il futuro dell’intero comparto legato dalla normativa regionale per il piano paesaggistico che non riconosce il paesaggio di cava come elemento territoriale, un rischio per la continuità delle attività produttive dell’intera filiera.
Edilizia. È il settore che ha maggiormente risentito della crisi e che più degli altri fatica a riprendersi. I numeri forniti dal rapporto Ance sono impietosi perché tra il giugno del 2008 e il settembre del 2014 in provincia di Lucca si sono perse 419 imprese e 2.037 operai, con un monte ore annue lavorate che è crollato del 50,9%. «Il morto è nella bara», dice Stefano Varia spiegando che ormai «non si riesce ad assorbire forza lavoro che pure ha tradizioni di due o tre generazioni alle spalle. Pochi di noi sono strutturati per andare a lavorare all’estero e in Italia riscontriamo forti ritardi nei pagamenti, soprattutto da parte dello Stato, che paga a oltre 300 giorni. Senza contare l’aumento di tassazione degli immobili che sta azzerando gli investimenti».
 

 

Edilizia, Ance: da inizio crisi persi 64 mld investimenti (-32 %)

Roma, 18 dic - Dall'inizio della crisi, ovvero dal 2008, il settore dell'edilizia ha perso 64 miliardi di investimenti, con un calo del 34 P .
Per la abitazioni calo del 28,7 PERCENTO (askanews) - Roma, 18 dic - Dall'inizio della crisi, ovvero dal 2008, il settore dell'edilizia ha perso 64 miliardi di investimenti, con un calo del 34 %.
18/12/2014
Agenzia di stampa ASCA
 

 

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