Le zone economiche speciali, il turbo di Russia e Turchia

 

Mosca e Ankara hanno promosso distretti realizzati ad hoc per attirare capitali dall’estero. L’esperienza delle aziende italiane e le possibilità di business. Intervista a Sondra Faccio, esperta di promozione e protezione investimenti.

Rassegna Est ha intervistato Sondra Faccio, avvocato presso lo studio Rödl & Partner di Padova e assistente alla cattedra di Diritto internazionale presso l’università di Verona.  L’avv. Faccio si occupa di investimenti diretti esteri e internazionalizzazione d’impresa. Durante i periodi di studio e specializzazione presso la Columbia University di New York e all’università di Vienna ha approfondito il tema dei trattati bilaterali per la promozione e protezione degli investimenti. Le Zone economiche speciali (Zes) sono uno degli strumenti che più li attirano. In Russia e Turchia hanno una funzione notevole, e l’impresa italiana non è rimasta a guardare. Di questo, con Sondra Faccio, abbiamo discusso.
Come si configurano le Zes?
Possono essere definite come delle enclavi nel territorio dello stato, all’interno delle quali lo si garantiscono agli investitori ivi residenti particolari agevolazioni economiche e fiscali, nonché condizioni amministrative e infrastrutturali adeguate. Le Zes sono uno strumento di attrazione piuttosto diffuso e hanno riscosso particolare successo in alcuni paesi dell’Est come, appunto, Russia e Turchia.
Che ruolo svolge in questi paesi e nelle loro Zes l’imprenditoria italiana?
Analizzare l’economia Russa in questo periodo particolare è un esercizio difficile, perché non sappiamo gli effetti che la crisi ucraina avrà nei prossimi anni. Attualmente in Russia sono comunque attive 28 Zes, all’interno delle quali gli investitori stranieri beneficiano di una serie di agevolazioni fiscali, doganali e amministrative.
 
In questo contesto, l’imprenditoria italiana è molto attiva. Tra gli investimenti più interessanti ci sono quelli nell’area industriale produttiva di Lipentsk. Le imprese più attive sono Pirelli, Danieli, Gruppo Marcegaglia, Ferrero, Indesit, Cremonini, Coeclerici, Marazzi, Barbaro. Non va dimenticata la strategia russa di Fiat, che annovera la joint venture con la banca pubblica Sberbank per l’assemblaggio a San Pietroburgo di autovetture jeep, quella tra Case-New-Holland (Fiat) e Kamaz per l’assemblaggio di macchinari agricoli e quella Iveco-Oboronservice per la produzione di veicoli militari. Come è evidente, gli investitori italiani che si affacciano al mercato russo sono prevalentemente di medie-grandi dimensioni, infatti i capitali minimi di investimento per poter ottenere lo status di residente nelle Zes e i relativi vantaggi sono piuttosto elevati. Si attestano su un minimo di 120 milioni di rubli (2.4 milioni di euro circa), 40 milioni (829 mila euro circa) dei quali devono essere investiti durante i primi tre anni a decorrere dalla conclusione dell’accordo di investimento.
In Turchia, la costituzione dell’unione doganale con l’Unione europea nel 1996, gli innumerevoli incentivi previsti dal Decreto 3305 del 2012, nonché la creazione di importanti Zes – per esempio, l’Istanbul leather and industry free trade zone  – attraggono sia le piccole e medie imprese italiane, sia aziende di grandi dimensioni, tra cui Pirelli ad esempio. La normativa turca prevede un investimento minimo per poter accedere agli incentivi fiscali ai sensi del Decreto 3305/2012 pari a 500 mila LT (173 mila euro circa) fino a un massimo di un milione di LT (346 mila euro circa); mentre l’importo minimo di investimento e le procedure di ammissione nelle Zes variano in relazione alla specifica zona.
Quali sono i principali ostacoli legali e burocratici che incontrano gli imprenditori che operano in tali zone?
In termini generali, sono legati alle barriere linguistiche e normative. Per quanto attiene alle Zes, spesso queste sono organizzate in modo tale da favorire l’installazione di investimenti esteri, pertanto offrono procedure amministrative semplificate, per esempio attraverso il sistema del cosiddetto sportello unico, adottato nella Federazione russa. Il sistema garantisce la fruizione di una serie di servizi pubblici attraverso l’accesso a un’unica sede, senza doversi rivolgere ai rispettivi comuni e uffici di competenza.
Quali sono i vantaggi rispetto a una normale apertura di una impresa nel paese?
I vantaggi sono prevalentemente legati a valutazioni di carattere economico e strategico: per esempio la possibilità di penetrare nuovi mercati, l’abbattimento dei costi di trasporto, la possibilità di creare sinergie con partner stranieri. Anche le infrastrutture sono importanti. In Turchia, per esempio, ma ciò vale anche per le Zes russe, sono operative circa 181 organized industrial zones. Sono istituite al fine di offrire all’investitore un ambiente favorevole alla realizzazione delle operazioni di investimento con infrastrutture ready-to-use e servizi correlati. Le infrastrutture realizzate nelle zone includono strade, allacciamenti e servizi di fornitura per l’acqua, il gas, l’elettricità, le telecomunicazioni e lo smaltimento dei rifiuti a prezzi calmierati. Le Zes, dunque, oltre a riconoscere importanti incentivi di carattere fiscale e doganale spesso garantiscono all’investitore straniero anche infrastrutture adeguate e immediatamente fruibili.
 
Quali sono i settori maggiormente interessati e per i quali ci potrebbe essere maggiore convenienza?
Il settore industriale è certamente quello che riveste maggiore rilievo nei flussi di investimento diretto verso la Federazione russa. Le zone industriali e produttive russe sono meta di molte aziende che lì realizzano parti del processo produttivo, in particolare nel settore meccanico, automotive, ma anche nei settori farmaceutico, chimico, siderurgico. Esistono anche Zes “turistico-ricreative” che potrebbero rivestire interesse per gli investitori italiani.
Per quanto attiene la Turchia i settori sono i più vari. Le free zones incentivano soprattutto il settore manufatturiero vocato all’esportazione. Ma esistono altresì zone speciali tecnologiche (i cosiddetti tecnoparchi) che hanno l’obiettivo di favorire lo sviluppo di attività nei settori ad alto contenuto tecnologico, e zone industriali che mirano ad attrarre investimenti nei settori dell’industria. Ricordiamo inoltre, come detto, che in Turchia è in vigore il Decreto 3305 del 2012 che stabilisce un sistema di incentivi applicabile a tutto il territorio turco, indipendentemente dall’ottenimento dello status di residente in una Zes, che varia a seconda dell’area geografica in cui viene effettuato l’investimento e il settore, con particolari vantaggi per gli investimenti su larga-scala (settori portuali, automotive, farmaceutico) e gli investimenti strategici in settori in cui la Turchia risulta importatrice netta, nonché per gli investimenti in settori ad alto contenuto innovativo e tecnologico.
 

 

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